Sipario! Considerazioni finali su Kiss Me Licia

 Quello del 1984 è un gennaio di gran conclusioni, prima tra tutte quella di Kiss Me Licia, conosciuto in patria come Ai Shite Knight e una delle colonne dell'animazione nipponica in Italia.

La storia d'amore inevitabilmente tormentata tra la dolce tuttofare di un locale vecchia scuola e il rocker dai capelli bicolor ha colpito l'immaginario collettivo di moltissimi spettatori, ragion per cui è necessario salutarla in grande stile.

La frizzante commedia romantica "progressista" di Kaoru Tada passa dalla carta ai teleschermi non senza una forte rielaborazione di forme e contenuti: lo stile sketchoso e schizzato dell'autrice viene sostituito da un character design molto più elegante, portante la firma di Shingo Araki (Lady Oscar e I Cavalieri Dello Zodiaco, serve dire altro?), mentre l'ideologia "d'avanguardia" del manga viene riadattata in standard molto più tradizionalisti.

Quella che, in fumetto, è una storia d'amore tra studenti universitari di Osaka, tra metrosessualità e le contraddizioni del mondo dello spettacolo, diventa una love story molto più da "Mulino Bianco", con un povero, innocente bambino orfano che quasi costringe due ragazzi a mettersi insieme perché lui vuole una mamma.

Questi cambiamenti sono dovuti, probabilmente, a un problema di età anagrafica di gran parte dello staff che si è occupato di questa trasposizione animata: una delle prove più evidenti si ha in quello che è un tema centrale dell'opera, cioè la musica; se l'autrice del manga è esperta conoscitrice di gruppi rock attuali sia popolari che più "underground", fino al punk più hardcore vero e proprio, è palese che i "musicisti" dell'anime sono un po' più indietro su quel punto di vista, dato che le (celeberrime) canzoni dei Beehive sembrano avere vent'anni in più sul groppone rispetto alle loro contemporanee, e il concetto di "punk" di chi si è occupato della colonna sonora è decisamente un po' astratto.

Nonostante quello che è un vero e proprio "downgrade" contenutistico e l'eccessivo uso del classico espediente narrativo dell'orfanello che piange, però, Kiss Me Licia rimane un'opera più che valida anche in anime, e che, se in patria non è riuscita a sfondare per via delle troppe differenze col manga, da noi è diventata un'autentica istituzione, uno dei cavalli di battaglia della prima epoca dei gloriosi pomeriggi Mediaset.

Kiss Me Licia, coi suoi pregi e i suoi difetti, viene consegnato alla storia, rimanendo un tassello fondamentale dell'animazione giapponese in Italia, tanto da aver dato luogo persino ai famosi "telefilm sequel": i suoi personaggi, per un motivo o per l'altro, rimangono indimenticabili, soprattutto per chi ne ha seguito le vicende in quelle giornate in compagnia di Italia 1.

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