Primi amori molto, molto complicati: Stop!! Hibari-kun! Volume 1

 L'abbiamo sottolineato più volte, e considerando le serie analizzate finora è, in generale, impossibile non accorgersene: nel 1982 la commedia romantica era il genere più diffuso nel magico mondo dei manga, tra le serie di Rumiko Takahashi, quelle di Mitsuru Adachi, e in piccola parte Dr. Slump (anche se la commedia romantica, a Toriyama, non piace proprio...), Sannen Kimengumi e Cat's Eye.

Inevitabile, in questa piccola congestione creativa, che un autore decida di farsi beffe della tendenza (e, in un certo senso, del senso comune) scrivendo qualcosa che sembra una commedia romantica, ma ha elementi che ne ribaltano, distruggono il genere: Hisashi Eguchi lancia su Weekly Shonen Jump il manga Stop!! Hibari-kun!, che non si limita a prendersi gioco del genere, ma anche del lettore, finendo per renderlo parte attiva ed emotivamente coinvolta dell'opera con una saggia commistione di sceneggiatura e disegno.


Kosaku Sakamoto è un adolescente rimasto orfano, le cui ultime volontà della madre lo portano a vivere da un amico di famiglia, Ibari Ozora. Il suo arrivo alla villa è, però, traumatico, quando scopre che la famiglia Ozora fa parte della Yakuza, la mafia giapponese. 

Il trauma iniziale viene presto addolcito da un'apparizione: Kosaku incontra una bella ragazza, e non si fa problemi a rimanere a vivere lì. Ma i colpi di scena sono solo all'inizio: Kosaku scopre, infatti, che la bella ragazza in questione è Hibari, l'unico figlio maschio del padrone di casa, che ha l'abitudine di vestirsi da donna.


Ciò che accade dopo è brillante su più livelli: ha il via una commedia degli equivoci in cui il povero Kosaku si ritrova "perseguitato" da Hibari, ma allo stesso tempo attratto da questa "ragazza che è un ragazzo"; delicata, con gusto e femminilità, ma anche con una grande forza (letteralmente, pure), una grande intelligenza e delle notevoli doti atletiche. In sostanza, la ragazza perfetta.

La sensazione di ambiguità però è "tridimensionale" e non si limita ai sentimenti del protagonista cartaceo: se Hibari viene definita da pressoché chiunque come un "pervertito" (perché questa era la mentalità dell'epoca, fortunatamente lontana da quella moderna, almeno in gran parte, ma dei progressi si sono sicuramente fatti), allo stesso tempo l'autore silenziosamente mette il lettore nella posizione di appoggiarla e tifare per lei, apprezzarla, persino trovarla "carina" nonostante egli sappia la verità: il maestro Eguchi ha riposto il massimo impegno nel dare a Hibari un aspetto il più grazioso e apprezzabile possibile, e gioca tantissimo con l'ambiguità di inquadrature e forme (Hibari è fisicamente un uomo, ma nonostante questo, in quel paio di scene in cui è a torso nudo il suo petto è sempre coperto dalle braccia, quasi a voler nascondere un seno che non c'è, ma che il lettore rischia di ingannarsi e immaginare vedendo quella figura delicata e femminea).

Per fare un paragone forse esagerato, ma di facile comprensione, Hisashi Eguchi fa in Hibari-kun ciò che Giovanni Verga fa in Rosso Malpelo: la narrazione è oggettiva (in formato manga è anche più facile), ma nonostante ciò, l'autore riesce comunque a far trasparire, sullo sfondo, il suo pensiero, dare una "direzione" al lettore e fargli empatizzare con quello che è, tutto sommato, il vero personaggio principale della storia: Hibari.

La serie si inserisce coraggiosamente nel panorama del manga anni '80 con personaggi LGBTQ+, tematica che per i tempi (ricordiamo che quello sarà il decennio dei picchi di omofobia e di fobia dell'AIDS) era veramente difficile.
E lo fa con estrema delicatezza e stile.


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