Le invasioni sbabbariche: Attila, Flagello di Dio
Domanda esistenziale posta in un articolo su qualcosa di assolutamente non profondo: cos'è realmente "di successo"?
Cosa distingue un successo collettivo da un prodotto di nicchia, da una perla nascosta, da un flop, da una meteora?
Che poi, c'è meteora e meteora. Non si possono mica mettere sullo stesso piano la Macarena e il Gattomatto.
Ci sono opere fondamentali in un altro paese (non necessariamente quello natio) e sconosciute altrove, ci sono opere celebri in tutto il mondo, opere che hanno una fama assurda per decenni e opere che dopo sei mesi te le sei scordate anche se le amavi.
Ci sono pure opere fondamentalmente brutte, eppure di successo, anche se qui si entra nello spinosissimo campo del gusto soggettivo.
Attila, Flagello di Dio è un'opera che è stata massacrata da pubblico e critica al tempo dell'uscita, ma che è stata rivalutata ampiamente negli anni successivi.
Perché?
Cominciamo parlando della trama, va'.
Campagne del nord Italia, nella zona che oggi ospita il comune di Segrate (MI); un gruppo di barbari capitanati da re Ardarico vive tranquillamente una vita fatta di caccia e prove di forza.
Un giorno, le truppe romane saccheggiano il suo accampamento, portandogli via cibo, donne e, soprattutto, bestiame.
Ardarico, dopo essersi consultato con una maga che predice la benedizione di Odino su di lui (anche se probabilmente s'è trattato di uno scambio di persona), dopo aver cambiato nome in Attila parte alla volta di Roma per riprendersi il maltolto, accompagnato da una decina di valorosi (?) soldati.
Massacrato dalla critica, snobbato dal pubblico (che si stava anche disaffezionando in generale al personaggio del "terrunciello" di Abatantuono), il film si rivelò un disastro totale dal punto di vista del successo...
Eppure.
Eppure negli anni successivi, grazie alle repliche televisive, il film è diventato un cult, per non dire un'istituzione: lo conoscono tutti a memoria, anche chi non l'ha mai visto, per assurdo.
Com'è possibile tutto ciò?
A cosa può essere dovuta questa rivalutazione "postuma"?
Forse, contestualizzando, si può trovare una soluzione all'enigma, perché oggi è sorprendente sapere che in origine Attila è stato letteralmente schifato quanto sarebbe stato sorprendente, all'epoca, sapere che in futuro sarebbe diventato un cult assoluto.
Prima di tutto, prendiamo Attila, Flagello di Dio per quello che è: un film comico demenziale ricco tanto di battute iconiche quanto di ingenuità, più o meno volute, che si basa tutto sul carisma dell'attore principale.
Nulla di ecceziuonale, nulla di eccezionalmente catastrofico.
Ma forse la soluzione non è nascosta in Attila in sé, ma nel suo essere un film, un film del 1982.
Il 1982 è stato l'anno di E.T., di Rocky III, di Tootsie, di Conan il Barbaro (di cui è più o meno palesemente una parodia), insomma, è stato un anno intensissimo dal punto di vista cinematografico, ricco di alcuni dei più grandi successi dell'intero decennio.
Forse lì sta il punto: Attila è uscito in un momento in cui il cinema tendeva perennemente (o quasi, via) all'eccellenza, finendo per essere messo a paragone con film con cui, un paragone, non ci sarebbe dovuto essere di partenza, per concezione e forze coinvolte.
Il tempo, fortunatamente, è stato clemente con Attila, Flagello di Dio, e anzi particolarmente generoso: gli ha permesso di brillare di luce propria, come uno dei punti più alti del cinema trash (ricordiamolo, non stiamo comunque parlando di un Fellini) italiano.
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