Lotta con l'ombra: Rocky III
Dopo due capitoli di grande successo negli anni Settanta, giunge anche per il mitico Rocky Balboa il momento di entrare negli Ottanta: Stallone è ancora alla guida della corazzata da lui creata, dirigendo, scrivendo e interpretando il film.
Riuscirà il pugile a farsi strada nella nuova decade?
Dopo dieci difese del titolo consecutive, Rocky Balboa è ormai una star, ricco, famoso e richiesto ovunque per apparizioni televisive ed eventi benefici.
Tuttavia, mentre si gode la gloria, un nuovo astro nascente del pugilato scala le classifiche mondiali: James "Clubber" Lang, afroamericano che si allena da solo, è cresciuto da solo e sta raggiungendo la gloria da solo.
Come se non bastasse, Rocky dovrà affrontare diversi demoni interiori e una grande tragedia esteriore.
Il film mantiene intatta l'usanza dei predecessori di contrapporre a Rocky un avversario che è il suo esatto opposto: se nei primi due era Apollo Creed, scenografico e lussuoso contrapposto alla figura del "sottovalutato" pugile dei bassifondi italiano, ora è "Clubber" Lang, perennemente in solitudine e affamato di vittorie, opposto al Rocky che ha sempre potuto contare su Mickey, sulla fidanzata prima, e moglie poi Adrian e sull'amico Paulie.
Rocky si trova ad affrontare una versione di sé più incattivita dagli eventi, dall'ambiente in cui è cresciuta, dai suoi tempi, e si troverà a mettersi in dubbio contro un avversario che sembra proprio inarrestabile.
La saga entra, come già accennato, negli anni Ottanta, e lo fa con convinzione e grinta: i personaggi diventano più ironici e, nel limite che la storia concede, scanzonati, e la colonna sonora orchestrale dei primi due lascia un po' di spazio a diversi brani musicali veri e propri, tra cui la leggendaria Eye of the Tiger dei Survivor, che diventerà un autentico inno per qualunque "spirito guerriero" e che, nel testo, ci tiene a rimarcare quelle che sono effettivamente le tematiche del film.
Oltre ad adattarsi agli anni Ottanta, però, la pellicola li influenzia prepotentemente, portando alla ribalta due di quelle che saranno le più grandi star del decennio: Hulk Hogan e Mister T.
Ex buttafuori, ex guardia del corpo di celebrità del calibro di Michael Jackson e Muhammad Alì, Mister T partecipa a due competizioni per "veri duri", dove viene notato da Sylvester Stallone.
Per quanto il suo ruolo dovesse essere, inizialmente, marginale, venne infine reclutato come antagonista effettivo del film, rendendo il suo debutto come attore particolarmente incisivo.
Nel film debutta la sua leggendaria frase "i pity the fool", scritta da Stallone e ispirata a un'intervista rilasciata dallo stesso T, durante le sue partecipazioni ai contest "da duri", in cui era dispiaciuto per l'avversario che avrebbe dovuto affrontare proprio in un incontro di pugilato.
Nel 1982, Hulk Hogan si era allontanato dalla WWF perché il proprietario, Vince McMahon Sr., non approvava la sua partecipazione al film.
Si era dunque stabilito nella AWA, dove il pubblico cominciò ad amarlo profondamente, e in New Japan Pro Wrestling, dove venne soprannominato "ichiban" (numero uno).
Il carisma di Hogan, e la sua crescente popolarità anche dovuta alla partecipazione a Rocky III, verranno presto prese al volo dai promoter più svegli: Antonio Inoki gli assegnerà Eye of the Tiger come musica d'entrata in Giappone, e Vince McMahon Jr., una volta che Hogan sarà tornato in WWF, gli affiancherà Mister T in quello che sarà uno degli eventi di wrestling più importanti di tutti i tempi (ma di questo parleremo più avanti).
Il film otterrà un enorme successo di pubblico, raggiungendo il secondo posto nella classifica dei film più visti del 1982 a livello mondiale.
Oltre a questo, e al lancio di due star come Mister T e Hulk Hogan, il film conquistò anche le classifiche musicali mondiali con Eye of the Tiger.
Un successo sudato, però: per interpretare Rocky, Stallone dovette attenersi a un regime durissimo, mangiando solo dieci bianchi d'uovo e un toast al giorno, con un frutto ogni tre giorni.
E poi dicono che le star non fanno la fame.
Ma d'altronde lo dicono anche i Survivor: "Hanging tough, staying hungry".
Questo film mi riporta alla mente bellissimi ricordi, di un tempo che non tornerà più mi piace molto il tuo blog un po' di cultura vintage non fa mai male, che poi è quella che preferisco, mi ricorda il tempo passato con mio padre tra film di Stallone e patatine che nascondevo per non farle vedere alla mamma, un tempo non avevano bisogno chissa di quale effetto speciale, bastava solo il cuore e l'impegno di chi doveva portare a termine il lavoro, adesso questi film non ci sono più e sono destinati a rimanere leggendari.
RispondiEliminaQuesto film della Saga e' stato molto triste per la storia di Michey, l'allenatore di Rocky. Per il resto un film da vedere come tutti gli altri. Rocky resta comunque uno dei più bei personaggi fatti da Sylvester Stallone. Io li ho tutti e tre in dvd e qualche volta li rivedo volentieri con mio padre.
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