Per il domani: considerazioni finali su L'Uomo Tigre II

Giunge alla conclusione Tiger Mask II, conosciuto come l'Uomo Tigre II, seconda serie di avventure del wrestler mascherato, la cui vera identità, stavolta, è quella di Tatsuo "Tommy" Aku, cresciuto nell'orfanotrofio che anni prima tante donazioni aveva ricevuto dalla Tigre originale, Naoto Date.
Orfana anche di Naoto, la serie, tratta dal manga omonimo di Ikki Kajiwara, ricalca le orme della prima, che sfruttava le eroiche avventure di un guerriero indefesso del ring per tradurre su carta e schermo le difficoltà e i timori della sua nazione d'origine, il Giappone, riflesso di quanto sovente accade nel wrestling reale, dove i vari "personaggi" e le loro disavventure traggono spesso spunto dalla realtà di tutti i giorni.
Tendenzialmente, la natura più "scintillante", e a tratti leggera, de L'Uomo Tigre II risulta indigesta allo spettatore casuale, perché in forte contrasto con quella, ben più drammatica, della prima serie, ma questo è un effetto, perlopiù, dovuto all'eventuale visione delle due in sequenza: in originale, sono passati più o meno dodici anni tra una serie e l'altra, ed essendo, appunto, una storia che fa dell'attualità il suo punto focale, non può che esserci un cambio d'atmosfera notevole.
Il Giappone degli anni Sessanta era, infatti, il Giappone ancora segnato dalle ferite post-belliche, dagli orfani di guerra, dalle zone tremendamente povere, dall'occupazione americana; il Giappone degli anni Ottanta era quello che, tra un boom e una crisi economica, cominciava a dominare la scena tecnologica e digitale, ed ecco perché il nostro eroe si ritrova con un'automobile trasformabile, più simile ai supereroi dei telefilm tokusatsu della stessa Toei che produce l'Uomo Tigre, con cui condivide anche una base segreta in cui allenarsi e rigenerarsi.
Non poteva, dunque, mantenere le stesse atmosfere, una serie che orbita attorno al suo essere "attuale" ambientata più di dieci anni dopo la fine della precedente.
Se, nella prima serie, la lotta di classe (tema tanto caro all'autore, che d'altronde è anche il padre di Rocky Joe) era tra poveri e orfani di guerra e le classi più alte di una non ben precisata nazione europea (guarda caso dove la Guerra Mondiale che ai giapponesi ha fatto tanti danni è nata) intente a sfruttare gli indifesi per i loro guadagni (in un certo senso è emblematico che l'Uomo Tigre, giapponese di umili origini, sia costretto inizialmente a essere cattivo per via degli ordini di alcuni europei d'alto rango, come è successo ai normali cittadini giapponesi, bombardati perché la loro nazione si era allineata male durante il conflitto), nella seconda la lotta è più ampia: Tatsuo è un giornalista, non è povero, non vive male, intorno a lui non ci sono miseria e rovina (quasi non ci sono mai state, e questo per i sacrifici della generazione precedente alla sua: Naoto) perché in Giappone questo non esiste più: il Giappone di Tatsuo Aku è quello che si prepara al grande show di colori ed elettricità anni Ottanta, Tiger Mask II anzi prende il via proprio all'alba della grande ondata di anime anni '80 conseguenti al successo clamoroso di Gundam.
C'era, però, un'intensissima minaccia a sovrastare l'atmosfera d'inizio anni '80: quella della crisi petrolifera, e il rischio di precipitare nuovamente in rovina e povertà per le decisioni di alcuni "sceicchi cattivi", ed ecco che, infatti, stavolta la nemesi dell'Uomo Tigre non sono dei ricchi europei che danno la caccia a un giapponese per ricordargli i suoi peccati, ma un ricco arabo che, per poter spadroneggiare, scherza col benessere che i cittadini giapponesi hanno impiegato anni a (ri)costruire.
A proposito di attualità: la serie viene realizzata in collaborazione con la federazione di wrestling giapponese oggi più celebre del mondo, la New Japan Pro Wrestling (che però nell'edizione italiana non viene mai nominata...), che fece debuttare nello stesso periodo un Tiger Mask "reale", il leggendario Satoru Sayama.
Questo spiega anche perché nella serie ci sono moltissimi wrestler famosi nel panorama giapponese e in particolare nella New Japan, da Stan Hansen a Abdullah The Butcher.
Addirittura, una scena con quest'ultimo venne proposta pari pari anche in un altro manga contemporaneo dell'autore, una biografia di diversi wrestler, tra cui Butcher.
Questo aiuta a rendere molto più "colorato", tridimensionale e reale il mondo dell'Uomo Tigre, e più fedele al manga, rispetto alla serie precedente dove molti wrestler reali non apparivano.
Un Uomo Tigre più moderno, dunque, dall'atmosfera meno opprimente e pessimista, ma per coerenza: l'eroe si è sempre palesato in momenti di grave crisi sociale per il Giappone, e la potenziale crisi economica causata dalle guerre per il petrolio era decisamente una minaccia valida, per quanto totalmente diversa dal "problema" dei tempi di Naoto Date.
Per rimanere uguale a se stesso, l'Uomo Tigre doveva cambiare, e lo ha fatto in modo estremamente efficace.
Le sfasate tempistiche di trasmissione italiane non hanno permesso di percepire appieno il cambiamento di tempi a cui Tiger Mask si è dovuto adattare, ma, col senno di poi, si può tutt'oggi apprezzare una serie in cui, per la seconda volta, un eroe mascherato si alza dal nulla per dare coraggio al suo popolo in un momento difficile.

Commenti

  1. La vedo come te: la prima serie (che però ha un livello superiore per tante cose) è figlia dei suoi tempi, così come la sua durezza e il suo pessimismo.
    Mentre questa seconda parte è molto più leggera ma altrettanto interessante.
    Mi spiace solo per Naoto a inizio storia, ma tanto... ;)

    Moz-

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