Ace of Spades: il western metallico dei Motörhead
Una delle attività ricreative preferite del 1980 era sicuramente l'inventare nuovi sottogeneri rock in base a particolarità più o meno marcate del cantante/band di turno.
Ace of Spades, album perno della discografia dei Motörhead, fa, come Back in Black degli AC/DC (non a caso album che i Motörhead suonavano sempre negli studi di registrazione per verificare l'acustica) da traghettatore (di anime dannate? Molto metal come concetto) tra la vecchia concezione di metal e il thrash metal, mantenendo la tipica sonorità pesante ma avvicinandosi a un ritmo più veloce che rende l'album appetibile anche ai fan del punk.
Quindi metal tendente al punk, progenitore del thrash metal che renderà famosi Metallica e Megadeth, ribattezzato "new wave of british heavy metal", abbreviato NWOBHM.
Ma a Lemmy e compagni frega un piffero, perché per loro, come per Billy Joel, è ancora puro e semplice Rock 'n Roll.
Ironia della sorte, buona parte del successo dell'album è dovuta a un uomo, in teoria, molto pacato e fragile: Vic Maille, produttore discografico inglese che ha lavorato anche coi Led Zeppelin e gli Who.
Maille era un uomo estremamente tranquillo, che non beveva, non fumava, parlava con tono di voce fermo e basso ed era pure diabetico: per quanto i Motörhead fossero noti per essere burrascosi e litigiosi, con uno così non potevano lasciarsi andare a troppi colpi di testa, e per questo motivo erano costretti semplicemente a seguire le sue direttive, e lui stesso non si faceva problemi a far notare loro dove dovessero impegnarsi di più.
Il brano principale, divenuto l'inno ufficiale del gruppo, fa uso di molte metafore sul gioco d'azzardo, come il poker e il gioco dei dadi, per quanto Lemmy Kilmister preferisca in questo senso le slot machines ma "non puoi cantare realmente di frutta che gira".
L'album riesce a trasmettere in maniera intensa e "cinematografica" molto dell'immaginario da western, da bande di Hell's Angels, da vita sulla strada tra un concerto e l'altro, tra un locale e l'altro, spesso non troppo differente dalla vera vita del Far West, con rischi di sparatorie inclusi, e fa, come già accennato, da apripista per quel che sarà il metal più energico degli anni Ottanta, qui appena iniziati.
Un inizio eccellente, perfetta rampa di lancio per un decennio sempre più diretto verso l'azione e il rinnovamento di canoni ormai stanchi.
Ace of Spades, album perno della discografia dei Motörhead, fa, come Back in Black degli AC/DC (non a caso album che i Motörhead suonavano sempre negli studi di registrazione per verificare l'acustica) da traghettatore (di anime dannate? Molto metal come concetto) tra la vecchia concezione di metal e il thrash metal, mantenendo la tipica sonorità pesante ma avvicinandosi a un ritmo più veloce che rende l'album appetibile anche ai fan del punk.
Quindi metal tendente al punk, progenitore del thrash metal che renderà famosi Metallica e Megadeth, ribattezzato "new wave of british heavy metal", abbreviato NWOBHM.
Ma a Lemmy e compagni frega un piffero, perché per loro, come per Billy Joel, è ancora puro e semplice Rock 'n Roll.
Ironia della sorte, buona parte del successo dell'album è dovuta a un uomo, in teoria, molto pacato e fragile: Vic Maille, produttore discografico inglese che ha lavorato anche coi Led Zeppelin e gli Who.
Maille era un uomo estremamente tranquillo, che non beveva, non fumava, parlava con tono di voce fermo e basso ed era pure diabetico: per quanto i Motörhead fossero noti per essere burrascosi e litigiosi, con uno così non potevano lasciarsi andare a troppi colpi di testa, e per questo motivo erano costretti semplicemente a seguire le sue direttive, e lui stesso non si faceva problemi a far notare loro dove dovessero impegnarsi di più.
Il brano principale, divenuto l'inno ufficiale del gruppo, fa uso di molte metafore sul gioco d'azzardo, come il poker e il gioco dei dadi, per quanto Lemmy Kilmister preferisca in questo senso le slot machines ma "non puoi cantare realmente di frutta che gira".
L'album riesce a trasmettere in maniera intensa e "cinematografica" molto dell'immaginario da western, da bande di Hell's Angels, da vita sulla strada tra un concerto e l'altro, tra un locale e l'altro, spesso non troppo differente dalla vera vita del Far West, con rischi di sparatorie inclusi, e fa, come già accennato, da apripista per quel che sarà il metal più energico degli anni Ottanta, qui appena iniziati.
Un inizio eccellente, perfetta rampa di lancio per un decennio sempre più diretto verso l'azione e il rinnovamento di canoni ormai stanchi.
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