The Game: quando il gioco della musica si fa duro
C'era una volta uno studente dell'Imperial College di Londra, uno studente chitarrista deciso a formare una band insieme a un amico.
Questo studente si chiama Bryan May, e il gruppo che si viene a formare di lì a poco guadagna presto un fan accanito di nome Farrokh "Freddie" Bulsara.
Talmente accanito che poi ne diventerà l'iconico cantante, dopo aver cambiato il cognome in Mercury.
Qui comincia la storia dei Queen, una storia destinata a segnare profondamente gli anni ottanta, e agli anni ottanta balziamo immediatamente, perché il 27 giugno 1980 l'estate si riscalda ulteriormente grazie all'uscita del loro ottavo album, The Game.
The Game fu un successo fenomenale, addirittura l'album della band di maggior successo negli Stati Uniti, e questo tutto sommato non sorprende: al suo interno, infatti, sono contenuti brani leggendari come Another One Bites The Dust e Crazy Little Thing Called Love, con la seconda che, tra l'altro, è stata presenza fissa delle classifiche di Spotify da me redatte per mesi e mesi.
Freddie Mercury l'ha scritta in cinque/dieci minuti, strimpellando con una chitarra acustica (che nemmeno sapeva suonare, e di cui sapeva fare solo pochi accordi), come tributo a Elvis.
Mi sento umiliato anch'io che non suono.
Another One Bites The Dust, di contro, venne scritta dal bassista del gruppo John Deacon, che aveva fisso in testa questo riff di basso e volle farlo ascoltare agli altri membri.
Siccome un grande fan del gruppo di nome Michael Jackson insisteva moltissimo con Freddie perché il gruppo producesse qualcosa di ballabile, se ne fece un brano completo e, dopo averlo ascoltato, MJ profetizzò: "rilasciatelo come singolo, raggiungerà la vetta delle classifiche".
E infatti.
L'album si distacca dai precedenti, dando alla band una tendenza sempre più Pop che crescerà negli anni a venire, e soprattutto fa notare la grande voglia del gruppo di sperimentare.
Il successo di pubblico e critica, e la resistenza delle sue tracce allo scorrere del tempo, dimostrano una volta di più la colossale capacità dei Queen di realizzare brani memorabili anche al di fuori della loro "zona di sicurezza".
Indubbiamente un'ottima parte della colonna sonora del nostro meraviglioso viaggio all'interno degli anni '80.
Questo studente si chiama Bryan May, e il gruppo che si viene a formare di lì a poco guadagna presto un fan accanito di nome Farrokh "Freddie" Bulsara.
Talmente accanito che poi ne diventerà l'iconico cantante, dopo aver cambiato il cognome in Mercury.
Qui comincia la storia dei Queen, una storia destinata a segnare profondamente gli anni ottanta, e agli anni ottanta balziamo immediatamente, perché il 27 giugno 1980 l'estate si riscalda ulteriormente grazie all'uscita del loro ottavo album, The Game.
The Game fu un successo fenomenale, addirittura l'album della band di maggior successo negli Stati Uniti, e questo tutto sommato non sorprende: al suo interno, infatti, sono contenuti brani leggendari come Another One Bites The Dust e Crazy Little Thing Called Love, con la seconda che, tra l'altro, è stata presenza fissa delle classifiche di Spotify da me redatte per mesi e mesi.
Freddie Mercury l'ha scritta in cinque/dieci minuti, strimpellando con una chitarra acustica (che nemmeno sapeva suonare, e di cui sapeva fare solo pochi accordi), come tributo a Elvis.
Mi sento umiliato anch'io che non suono.
Another One Bites The Dust, di contro, venne scritta dal bassista del gruppo John Deacon, che aveva fisso in testa questo riff di basso e volle farlo ascoltare agli altri membri.
Siccome un grande fan del gruppo di nome Michael Jackson insisteva moltissimo con Freddie perché il gruppo producesse qualcosa di ballabile, se ne fece un brano completo e, dopo averlo ascoltato, MJ profetizzò: "rilasciatelo come singolo, raggiungerà la vetta delle classifiche".
E infatti.
L'album si distacca dai precedenti, dando alla band una tendenza sempre più Pop che crescerà negli anni a venire, e soprattutto fa notare la grande voglia del gruppo di sperimentare.
Il successo di pubblico e critica, e la resistenza delle sue tracce allo scorrere del tempo, dimostrano una volta di più la colossale capacità dei Queen di realizzare brani memorabili anche al di fuori della loro "zona di sicurezza".
Indubbiamente un'ottima parte della colonna sonora del nostro meraviglioso viaggio all'interno degli anni '80.
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