L'Uccello di Fuoco-Hi no Tori: l'estro di Tezuka alla conquista del cinema
Tra le tematiche più sentite dei primi anni ottanta, c'è sicuramente la paura, e la rappresentazione, della "fine del mondo" o di quello che viene dopo, il cosiddetto genere post-apocalittico.
Con una guerra atomica perennemente sul punto di iniziare e una sempre maggiore consapevolezza dei danni ambientali provocati dal sovrasfruttamento delle risorse del pianeta, era inevitabile che il sopraggiungere del nuovo millennio, e con esso il concetto più generale di "futuro" tipico dell'immaginario collettivo, venisse visto se non con diffidenza, di certo con una notevole ansia e preoccupazione.
Al rapporto conflittuale tra uomo e natura, ma anche tra uomo e progresso e tra uomo e uomo in sé, ha sempre prestato grandissima attenzione il Dio dei Manga Osamu Tezuka, la cui immensa bibliografia vede numerosissimi fumetti che trattano questo genere di argomenti in modo tanto delicato quanto fermo.
Il 15 marzo 1980, nelle sale giapponesi giunge una trasposizione piuttosto libera del suo manga La Fenice, intitolata L'Uccello di Fuoco, che risulta essere una sorta di summa dell'estro creativo dell'autore.
Sono tanti, infatti, i temi cari a Tezuka che si alternano sullo schermo nelle due ore di durata del film, dall'eterna domanda "le macchine e le intelligenze artificiali possono provare sentimenti?" alla follia dell'avidità umana, dall'insensatezza delle guerre all'importanza, al contrario, dell'amore, senza dimenticare di pagare un grande tributo allo stile d'animazione di Walt Disney.
Il giovane pilota Godo e la sua amica/fidanzata/sorella robotica Olga, infatti, osservano perplessi la modernità fredda, meccanica e calcolata in cui vivono, dove i bambini vengono generati in provetta e spediti a forza a fare mansioni specifiche in base alle attitudini calcolate da un computer.
Se questa freddezza generale viene vista semplicemente con dubbio, però, è con decisa ostilità che vengono accolte le limitazioni, le crudeltà, gli sfruttamenti senz'anima di quella che è sempre stata una grande spada di Damocle pendente sulla testa dell'umanità: l'insensata sete di potere delle classi più anziane e abbienti, perennemente intente a prosciugare persone e materie prime alla disperata ricerca di avere più di quanto già non abbiano.
Nel mondo de L'Uccello di Fuoco, infatti, la Terra sta morendo a causa delle folli trivellazioni effettuate per sfruttare il magma come fonte di energia, e di conseguenza il pianeta è sul punto di esplodere come conseguenza della scarsa controllabilità della lava incandescente.
Qui entra in scena la Fenice, che dovrebbe essere in grado di salvare il pianeta, ma al costo della sua stessa vita, e Godo si rifiuta di dare la caccia a una creatura libera e innocente per riparare gli errori fatti dall'uomo.
La tormentata vicenda che vede contrapposti la purezza dei sentimenti e la freddezza dei desideri viene messa in scena con un certo estro creativo e, soprattutto, con un grande amore per i lungometraggi d'animazione classici: in particolare, diverse sequenze sembrano voler trasformare il film in una sorta di Fantasia giapponese, rimarcando una volta di più lo stretto rapporto tra Tezuka e Disney.
L'estro creativo di Tezuka, però, si dimostra a tratti eccessivo: il film finisce per risultare un po' troppo lungo per quello che deve raccontare, soprattutto a causa dell'alternarsi, appunto, di scene totalmente musicali realizzate per pura dimostrazione artistica e delle scene in cui viene effettivamente portata avanti la trama, facendo desiderare più che altro che fosse stata scelta una direzione specifica per lo stile del film, anziché alternarne due dilatando eccessivamente la vicenda.
Peraltro, la magnificenza tecnica di buona parte del film si ritrova a fare i conti con momenti animati in maniera decisamente più grezza, e anche qui, forse una maggiore coerenza sarebbe stata più apprezzabile.
Di contro, sempre di elevato livello è la colonna sonora orchestrale e molto classica, che riporta, appunto, alla mente le arie utilizzate in Fantasia da Walt Disney.
L'Uccello di Fuoco rimane comunque un film forte e solido, creativamente elevato e capace di stupire in più punti, e soprattutto portatore di messaggi che, nonostante gli anni passati, rimangono ancora tremendamente attuali.
Con una guerra atomica perennemente sul punto di iniziare e una sempre maggiore consapevolezza dei danni ambientali provocati dal sovrasfruttamento delle risorse del pianeta, era inevitabile che il sopraggiungere del nuovo millennio, e con esso il concetto più generale di "futuro" tipico dell'immaginario collettivo, venisse visto se non con diffidenza, di certo con una notevole ansia e preoccupazione.
Al rapporto conflittuale tra uomo e natura, ma anche tra uomo e progresso e tra uomo e uomo in sé, ha sempre prestato grandissima attenzione il Dio dei Manga Osamu Tezuka, la cui immensa bibliografia vede numerosissimi fumetti che trattano questo genere di argomenti in modo tanto delicato quanto fermo.
Il 15 marzo 1980, nelle sale giapponesi giunge una trasposizione piuttosto libera del suo manga La Fenice, intitolata L'Uccello di Fuoco, che risulta essere una sorta di summa dell'estro creativo dell'autore.
Sono tanti, infatti, i temi cari a Tezuka che si alternano sullo schermo nelle due ore di durata del film, dall'eterna domanda "le macchine e le intelligenze artificiali possono provare sentimenti?" alla follia dell'avidità umana, dall'insensatezza delle guerre all'importanza, al contrario, dell'amore, senza dimenticare di pagare un grande tributo allo stile d'animazione di Walt Disney.
Il giovane pilota Godo e la sua amica/fidanzata/sorella robotica Olga, infatti, osservano perplessi la modernità fredda, meccanica e calcolata in cui vivono, dove i bambini vengono generati in provetta e spediti a forza a fare mansioni specifiche in base alle attitudini calcolate da un computer.
Se questa freddezza generale viene vista semplicemente con dubbio, però, è con decisa ostilità che vengono accolte le limitazioni, le crudeltà, gli sfruttamenti senz'anima di quella che è sempre stata una grande spada di Damocle pendente sulla testa dell'umanità: l'insensata sete di potere delle classi più anziane e abbienti, perennemente intente a prosciugare persone e materie prime alla disperata ricerca di avere più di quanto già non abbiano.
Nel mondo de L'Uccello di Fuoco, infatti, la Terra sta morendo a causa delle folli trivellazioni effettuate per sfruttare il magma come fonte di energia, e di conseguenza il pianeta è sul punto di esplodere come conseguenza della scarsa controllabilità della lava incandescente.
Qui entra in scena la Fenice, che dovrebbe essere in grado di salvare il pianeta, ma al costo della sua stessa vita, e Godo si rifiuta di dare la caccia a una creatura libera e innocente per riparare gli errori fatti dall'uomo.
La tormentata vicenda che vede contrapposti la purezza dei sentimenti e la freddezza dei desideri viene messa in scena con un certo estro creativo e, soprattutto, con un grande amore per i lungometraggi d'animazione classici: in particolare, diverse sequenze sembrano voler trasformare il film in una sorta di Fantasia giapponese, rimarcando una volta di più lo stretto rapporto tra Tezuka e Disney.
L'estro creativo di Tezuka, però, si dimostra a tratti eccessivo: il film finisce per risultare un po' troppo lungo per quello che deve raccontare, soprattutto a causa dell'alternarsi, appunto, di scene totalmente musicali realizzate per pura dimostrazione artistica e delle scene in cui viene effettivamente portata avanti la trama, facendo desiderare più che altro che fosse stata scelta una direzione specifica per lo stile del film, anziché alternarne due dilatando eccessivamente la vicenda.
Peraltro, la magnificenza tecnica di buona parte del film si ritrova a fare i conti con momenti animati in maniera decisamente più grezza, e anche qui, forse una maggiore coerenza sarebbe stata più apprezzabile.
Di contro, sempre di elevato livello è la colonna sonora orchestrale e molto classica, che riporta, appunto, alla mente le arie utilizzate in Fantasia da Walt Disney.
L'Uccello di Fuoco rimane comunque un film forte e solido, creativamente elevato e capace di stupire in più punti, e soprattutto portatore di messaggi che, nonostante gli anni passati, rimangono ancora tremendamente attuali.
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